giovedì 16 maggio 2013

Racconti da Via Padova / Personaggio Numero Uno

A Jonas piacevano le birre. Se le scolava dalla grande bottiglia verde sullo scalino dello spaccio sudamericano. Con lui gli hermanos. Peruviani come lui. Ma lui, la sua birra dalla grande bottiglia verde, se la beveva in disparte. Non che non volesse stare con gli altri. Li osservava, li salutava. Sorrideva. Ma si teneva a una distanza intermedia, né troppo vicino né troppo lontano. A Jonas piaceva così.

A Jonas non piaceva via Padova. Cioè, non è che non gli piaceva. Ci viveva. Cioè, ci viveva. Ci dormiva, più che altro. Quando non lavorava. A Jonas via Padova non faceva né caldo né freddo. Per i bianchi, per i milanesi, via Padova è via Padova, non una via come le altre. Per lui era la carretera, una semplice carretera del cazzo, con dell'asfalto del cazzo, con delle macchine del cazzo, con dei giardinetti del cazzo. Una via normale. Come tante ad Ate, il suo paese natio del cazzo.

Lo spaccio sudamericano, Dodo (che nome del cazzo), alle dieci di sera chiudeva. Tornatevene a casa, diceva il boss. Qualcuno grugniva, qualcun altro sputava dell'impasto giallastro sul marciapiede, ma poi, tutti, se ne andavano.

Meglio non fare storie. E storie, Jonas, non ne faceva. Soprattutto negli ultimi giorni, dopo che quell'africano del cazzo - vedi perché noi sudamericani odiamo quei negri de mierda e ogni tanto uno degli hermanos li manda in ospedale con un coltello nello stomaco, pensa Jonas - ha fatto fuori tre bianchi milanesi, meglio non dare fastidio. La polizia, quei cabròn della polizia, è molto nervosa, ha voglia di menar le mani. Basta poco, si dice Jonas, e ti ritrovi a succhiare piscio in questura. Meglio non fare storie.

Mierda. Quando li vide Jonas si rigirò tra i denti quell'imprecazione. La bloccò con la lingua, la impastò con la saliva e la sputò. Cazzo, questa non ci voleva.

(@agoerre)

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